Nocturnal Roads - Un viaggio immaginario tra musica e pensieri in libertà - Episodio 10
Il finestrino abbassato, l'oscurità ovunque, i fari della macchina, qualche altra luce lontana e il silenzio oltre il motore, le uniche compagnie. A parte la radio, chiaramente.
Ispirato anche dalla trasmissione Virgin Motel su Virgin Radio (ripensando soprattutto alla prima edizione, quella con la voce di Ottaviano Blitch), ho pensato di dare inizio a questi piccoli momenti in cui, accompagnato da una canzone, mi do un'idea base di partenza e poi lascio andare la parola.
Spero gradirete. Almeno la canzone che vi propongo...
Stanotte le stelle brillano come non mai. Ero stanco di guidare, forse un po' stanco di questo lungo viaggio verso l'ignoto. Nessuna luce di motel o di cittadine in vista, solo il lontano baluginare nell'oscurità sopra di me.
Ho fermato la macchina su un piccolo colle erboso, qualche metro oltre la strada. Leggera dall'autoradio, giunge una morbida canzone, il volume tenuto basso per non disturbare troppo quell'angolo selvaggio. Gli alberi, per lo più abeti, dondolano dolcemente le loro cime, assecondando sia le note, sia una brezza leggera, carica del profumo dei boschi, carica del sapore della libertà.
Libertà, sì. E' quello di cui sento maggiormente bisogno, di cui ho sentito sempre maggiormente bisogno. Qui, sdraiato sotto la volta stellata, su un'altura dal dolce pendio, cullato dallo stormire degli alberi, assaporando, ancora una volta, il misto di sensazioni che questo viaggio misterioso riesce a scatenare nel mio più intimo animo.
Poi lo sento arrivare, inizialmente flebile, successivamente sempre più potente: una voglia incontenibile, uno sfogo che nasce da lontano. Mi alzo di colpo e corro verso il punto del colle il cui declivio mostra parte del vasto paesaggio incontaminato di sotto. Sono fermo, osservando quello scorcio di mondo, col fiatone, non tanto per la breve corsa, quanto per la fatica di contenere quella cupa forza che mi è cresciuta dentro, in pochi istanti. E dunque la libero, stringo i pugni e urlo, urlo con tutta la potenza che riesco. Ancora e ancora, grido, un lacerante e spaventoso ringhio barbarico, carico di frustrazione, noia, pigrizia e tutto ciò che, come un fardello,di negativo mi porto dietro dalla vita "di prima". Il bosco, forse una foresta, risponde al disperato appello con un silenzio improvviso, persino il vento pare essersi momentaneamente fermato, forse per paura, forse per rispetto. Ansimo, i pugni ancora stretti, i muscoli delle braccia tirati e rigidi, mentre aspetto che il mio respiro e il resto del mondo torni al ritmo naturale.
L'eco del mio ultimo urlo si è spento da pochi istanti, quando il verso di un gufo mi da il segnale che tutto è finito. Non riesco a vederlo, ma posso percepire che mi sta osservando da qualche metro dietro di me. Lentamente anche la canzone, che ancora non pare essere terminata, giunge di nuovo alle mie orecchie, prima assordate dal pompare feroce del sangue, come se qualcuno stesse lentamente alzando il volume dopo aver messo il "MUTE".
Metto le mani in tasca e sollevo lo sguardo, calmo, con un leggero sorriso di soddisfazione; a volte basta questo, come l'aprire di una leva per scaricare la morchia che intasava e rendeva difficoltoso il fluire degli eventi e dell'anima. Depositi di una vita che ci va spesso stretta, ma che a volte è necessaria.
Fischiettando con leggerezza la marcetta che proviene dagli altoparlanti, torno a sdraiarmi sul prato. tra poco riprenderò il viaggio, ma non prima di avere guardato ancora un po' le stelle e il loro carico di affascinante promesse di libertà.
Buona notte, là fuori...
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